Le avventure dai Campi Liberi per quest’anno sono terminate. In attesa di vivere nuove esperienze nel 2018 abbiamo raccolto la testimonianza del nostro collega Enrico Terzi che ha partecipato al campo che si è svolto dal 23 al 29 ottobre in Sicilia.
Le parole restano nella testa per tanto tempo e non vogliono uscire…
Mi dicevo: “è il tuo secondo campo, la tua seconda volta, oramai sei vaccinato, non sarà come nel lontano 2014”.
…La prima volta è stata devastante, emozioni a non finire: lacrime, rabbia, consapevolezza e poi impegno, passione, speranza, tutto concentrato in una sola settimana. Mi dicevo questo mentre partivo con i 10 Campisti che ho accompagnato in questa esperienza. Dieci diversità, sia di storia personale che di provenienza: 5 colleghi, 3 Soci attivi, una volontaria di Libera e addirittura il Referente regionale Lombardia di Libera.
Tutti sono partiti con tanta curiosità, tanta voglia di capire, di conoscere, di confrontarsi…E le occasioni non sono mancate.
L’arrivo a Triscina al Nido delle rondini, l’incontro con i nostri “protettori” Ornella e Gaspare, con le nostre guide, Vincenzo e poi Leo e Giuseppe (che è stato un piacere personale riabbracciare dopo averli conosciuti nel 2014 ).
Tutto bello e felice ? No, poi iniziano gli incontri, quelli che ti spezzano il cuore, quelli che ti fanno sferzare di rabbia, quelli che ti danno speranza e consapevolezza.
Incontri Antonella Borsellino, donna fragile, coraggiosa e forte, che ha perso padre e marito vittime innocenti della mafia. E ti ritrovi in un’altra dimensione, quella delle persone che “non se la sono cercata” e che avevano una vita tranquilla, fatta di alti e bassi, ma normale come la tua. Poi all’improvviso tutto cambia, e ti ritrovi in un’altra dimensione, che fino a poco fa nemmeno immaginavi potesse esistere. E ci devi convivere per anni e anni, prima sola e poi in compagnia di Libera e delle altre vittime innocenti di mafia.
Incontri Francesco Citarda, enciclopedia vivente di storia, cultura e coscienza siciliana, che ti racconta assieme a Valentina Fiore di Libera Terra l’esperienza della Cantina Centopassi con semplicità, passione e competenza che non può non contaminarti positivamente. E l’allegria e la speranza prendono mil sopravvento tra i tuoi compagni di viaggio.
Poi vai al Giardino della Memoria, dove un branco di mafiosi assassini ha tenuto prigioniero per due anni un bambino prima di eliminarlo fisicamente e di provare a cancellarne il ricordo, come se non fosse mai esistito. Oggi quelle persone stanno pagando il loro crimine e il ricordo è lì, tangibile, quasi a sfidare chi voleva negare l’esistenza di una persona, cancellandone ogni traccia. Lui non c’è più, ma il suo ricordo, la sua vita sono lì, ben presenti in quelle stanze e in quei luoghi. Loro hanno perso.
Esistono momenti della nostra vita in cui ci accorgiamo che i nostri occhi sono troppo piccoli per contenere tutte le lacrime. Questo è uno di quei momenti. Come anche quello dell’incontro con Serafino a Portella della Ginestra, ultimo sopravvissuto ancora in vita della strage del 1° maggio 1947, in cui vide cadere sotto i colpi sparati dalla mafia ma guidati da altri poteri, 12 persone, donne, adulti e molti, molti bambini. Lui racconta, e ancora si commuove. E si commuovono tutti, e mi commuovo io che tre anni fa nello stesso luogo ho assistito al suo racconto assieme a Mario, che ha lasciato questa terra l’anno scorso, e ha lasciato Serafino solo a raccontare, per non perdere la memoria…mai.
Le lacrime asciugate dal vento, fortissimo quella sera, ci accompagnano a Pizzolungo, nel luogo dove una mano assassina nel tentativo di eliminare il giudice Carlo Palermo, fa tre vittime innocenti: la mamma di Margherita Asta, Barbara, e i suoi due fratellini, i gemelli di 6 anni Giuseppe e Salvatore. L’incontro con Rino Giacalone, giornalista siciliano impegnato nel raccontare la verità, trasforma le lacrime in rabbia e i suoi racconti sulle indagini e sulle collusioni sono così precisi e puntuali che staresti ore incollato su quella seggiola ad ascoltarli.
Ma la settimana , come un immenso otto volante di emozioni, passa da momenti dove il silenzio tra noi è così assordante che qualsiasi parola, qualsiasi commento sarebbe fuori luogo, ad altri momenti dove ti rendi conto che la Cooperazione e la volontà possono fare miracoli.
Come alla Calcestruzzi Ericina Libera Soc. Coop. Di Erice, dove un manipolo di persone stravolge un meccanismo che sembrava ormai concluso e salva il proprio lavoro, la propria dignità, la legalità nella propria impresa lavorativa, e dà un bello schiaffo a tutti quelli che remavano contro, facendo innovazione e trasferendo in una attività industriale e redditizia, i valori della solidarietà e della cooperazione. Proprio come alla Cantina Centopassi.
Come al Centro Internazionale di Documentazione su Mafia e Antimafia, il CIDMA di Corleone, dove veniamo accolti da una ragazza corleonese e dalla impressionante parete contenente tutti i faldoni del maxi processo alla mafia che vide coinvolti Falcone e Borsellino.
Il racconto è a tratti incalzante, quei faldoni che ti osservano da qualsiasi parte ti giri nella stanza, ti danno l’idea della fatica e della pazienza, ma le parole della nostra accompagnatrice che ci colpiscono di più sono: “Io sono nata a Corleone, ho sempre vissuto e vivo a Corleone, vivo accanto a chi sappiamo mafioso o colluso, ma faccio questo e spiego a tutti (italiani e tantissimi stranieri) che esiste l’antimafia sia a livello giudiziario e repressivo, sia tra le persone come me, che sono qui a raccontarlo, e questo quando mio padre aveva la mia età era semplicemente impensabile potesse accedere, a Corleone, in Sicilia…”
Legalità, cooperazione e solidarietà li abbiamo conosciuti tra i Soci della Cooperativa Rita Atria, che a Canalotto e alla Contrada Sergio Torre gestiscono oliveti che saranno, avendone cura rispetto e amore, e quelli che già sono, raccogliendo i frutti del proprio lavoro. Il loro lavoro che per qualche giorno e ora diventa anche il nostro, trasportandoci sui campi per la raccolta delle olive assieme a Leo e Andrea della Cooperativa, e Giuseppe di Libera Castelvetrano. E sono momenti felici, sia per la convivialità e la presenza di tante persone positive, sia perché raccogliere il frutto del loro lavoro di mesi e portarlo all’Oleificio, ci da una soddisfazione che è difficile da spiegare.
Come è giusto che succeda si arriva in un modo e si torna diversi…non migliori o peggiori, semplicemente diversi.
Come dice Luigi Guarisco di Libera Lombardia, sto con il corpo in Lombardia e la mente in Sicilia.
Nel 2014 sulla bacheca dei messaggi appesa a Triscina nella casa che ci ospitava, scrissi questo pensiero, appropiandomi indebitamente di un verso di Fabrizio de Andrè e usandolo per l’occasione: “è stato meglio lasciarci che non esserci mai incontrati”.
Confermo, sarebbe stato peggio non vivere una esperienza così e incrociare queste persone. Lo confermo anche oggi.